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mercoledì 24 luglio 2013

Vendere casa in tempo di crisi. Il decalogo del Sole24Ore

In tempi di crisi del mattone, mentre le compravendite di case continuano a diminuire, è ancora possibile vendere un'abitazione? Oppure è meglio aspettare tempi migliori? La redazione Casa24 Plus ha raccolto i pareri di alcuni esperti del mercato immobiliare e agenti immobiliari: ecco alcuni consigli e strategie per riuscire a vendere la propria abitazione in questo periodo. Nessun risultato assicurato, solo alcuni suggerimenti che permetteranno ai proprietari interessati a vendere di non commettere errori.

1. Giocare d'anticipo e fissare subito un prezzo realistico
I primi 15 giorni sono quelli in cui la pubblicità di un immobile è più efficace, quelli in cui attrae la maggiore attenzione. Bisogna approfittarne perché giocare secondo la vecchia strategia del «non ho fretta di vendere e per questo non scendo di prezzo», in questo momento, non funziona. Valutare il prezzo giusto di casa propria può essere complicato, richiede tempo e uscire con un prezzo sbagliato può essere determinante nella vendita, anche svalutando l'immobile stesso.

2. Non puntare al ribasso e far «valutare» bene la casa
Conviene essere competitivi nel prezzo. Se la propria è la casa più cara della zona, non è giocando al ribasso che la si venderà prima delle altre. In un mercato in calo, come quello attuale, è consigliato partire da un prezzo "anticipato", cioè che tenga già conto dei sei mesi a venire. Bisogna affidarsi ad uno o più professionisti che conoscono bene il mercato locale e non sono coinvolti emotivamente: la loro valutazione deve tener conto di tutte le potenzialità dell'immobile. Una perizia esterna, realizzata da un professionista, può costare tra i 200 e i 500 euro.

3. Fare la differenza sul mercato e mettere in luce le unicità
In questo momento di crisi del mattone, c'è molta competizione nella vendita e "tutto" può essere utile contro il vicino che vende casa per accaparrarsi prima l'acquirente. Tutto può diventare un plus, dunque: un impianto di home automation, il giardino, l'accesso a internet, un orto domestico, l'estetica e soprattutto il potere della zona, cioè la vicinanza ai servizi o le potenzialità del quartiere. Prima di arrivare sul mercato è bene conoscere e saper vendere tutti i plus dell'immobile.

4. Scegliere il miglior agente e valutare l'«esclusiva»
Bisogna selezionare l'agente immobiliare e affidargli il mandato giusto. È bene farsi mostrare le proprietà che ha venduto di recente, il suo portafoglio immobili, parlare con i suoi clienti, capire chi in zona ha venduto più case nell'ultimo anno. Offire degli extra o legare il compenso ai tempi di vendita può essere un incentivo. L'esclusiva può essere una garanzia: per un periodo breve e senza rinnovo automatico, può motivare l'agente a investire tempo e risorse sapendo di essere l'unico a occuparsene.

5. Presentare bene l'immobile e non mostrare impazienza
Assicuratevi che la casa sia in perfette condizioni, l'home staging può aiutare a convincere i potenziali acquirenti, ma soprattutto è bene investire in qualche lavoretto di ristrutturazione per migliorare i difetti dell'abitazione. È bene mantenere ordinati gli interni durante le visite, organizzare una giornata con le "porte aperte", per invitare i vicini e alimentare il passaparola. Non conviene però dare la sensazione d'impazienza nel vendere la casa, né esagerare.

6. L'annuncio di qualità deve avere ben chiaro il target
L'annuncio va pubblicato solo quando è pronto: un testo ricco e dettagliato, foto e video di qualità aumentano l'efficacia, così come la presenza su Google Maps e altri portali. Per ottimizzare la promozione dell'annuncio, però, è bene concentrare gli sforzi e gli investimenti verso quei gruppi e segmenti di mercato più interessati. Per individuarli, basta chiedersi se l'immobile può essere appetibile per stranieri o immigrati, se in zona ci sono università o centri di ricerca, se stanno aprendo nuove aziende...

7. Passaparola e social network continuano ad essere efficaci
La promozione dell'immobile tra amici e vicini resta il modo migliore per entrare in contatto con reali compratori interessati. Anche sui social network, è bene intercettare le community "amiche" della propria zona. Il passaparola, però, può anche avere effetti collaterali, bisogna saper ammettere i difetti dell'immobile prima che se ne accorgano i visitatori. Fornire tutti i documenti, comprese le piantine catastali e il dettaglio delle spese condominiali è fondamentale: la trasparenza non va sottovalutata.

8. Mettere a disposizione tutti i documenti ed essere trasparenti sulle spese
Oltre all'atto di provenienza (e a quello di mutuo, se c'è) e alla sua nota di trascrizione nei registri immobiliari, è necessario produrre una visura ipotecaria che dimostrari al compratore che non ci sono altri vincoli sull'immobile. Inoltre il venditore deve raccogliere i dati catastali con planimetria e dichiarazione di conformità (firmata da un tecnico o perito). A questo si devono aggiungere i certificati di conformità degli impianti, in particolare se recentemente ristrutturati, la rendicontazione delle spese condominiali e il regolamento condominiale e l'attestato di prestazione energetica rilasciato da un tecnico. In un mercato molto più selettivo, c'è un'attenzione sempre più elevata alle spese condominiali e, anche se l'appartamento piace, possono diventare un deterrente e anche bloccare una trattativa. Per questo è bene mettere fin da subito tutta la documentazione a disposizione dei potenziali acquirenti, con trasparenza.

9. Attenzione nel rifiutare le offerte e non cambiare idea
Se si rifiutano le offerte, a posteriori ci si potrebbe pentire. Bisogna saper distinguere tra quelli che realmente fanno un'offerta coerente e quelli che fanno un'offerta temeraria. Anche in questo caso avere un buon mediatore è un vantaggio, perchè, parlando col compratore in assenza del venditore, riesce a comprenderne meglio la strategia. Tentennare o cambiare idea all'ultimo momento può dare un irreparabile senso di diffidenza ai potenziali acquirenti.

10. Non firmare in fretta e farsi dare garanzie dal compratore
È bene non accettare firmando proposte di acquisto vincolate all'ottenimento del mutuo da parte del potenziale acquirente. La tentazione di firmare qualcosa è alta, però così si rischia di paralizzare la vendita della casa un paio di mesi prima della firma del contratto preliminare o del rogito. Nel frattempo, se non riesce ad ottenere il mutuo, si rischia di aver perso altri compratori più seri per aver sospeso la vendita a lungo e di dover poi accettare un'offerta leggermente inferiore.

- Michela Finzio, Il Sole 24 Ore, 24 luglio 2013

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sabato 6 luglio 2013

Le case più richieste nella Capitale

Aumenta la forbice di "sconto" ma tengono Prati e Garbatella

Prezzi delle case ancora in calo nella Capitale, complice un primo semestre del 2013 che gli operatori definiscono stagnate e in linea con gli ultimi sei mesi dell'anno scorso (quando l'agenzia delle Entrate ha registrato un crollo delle vendite del 27%). «Le zone periferiche – racconta Stefano Filastrò, agente Re/Max – hanno perso nel giro di due-tre anni il 30% del loro valore. Non così il centro storico, dove i ritocchi si sono sentiti, ma difficilmente oltre il 15%». Lunghe e complesse le trattative: i tempi medi di vendita sono saliti in media a sette mesi, mentre la forbice di "sconto" tra prezzo di partenza richiesto dal proprietario e prezzo finale è ormai del 15%.

Continuano a funzionare i tagli medio-piccoli (50-80 mq dai 200 ai 350 mila euro) in zone semi-centrali (da Prati all'Eur) o in "quartieri di tendenza" come la Garbatella. Più difficili da piazzare i tagli dai 100-120 mq in su, con valori tra 400 e 800 mila euro: «In questa fascia – interviene Laura Fioravanti, presidente provinciale Fiaip – manca sia la richiesta che il supporto delle banche nel concedere mutui».

Resta un mondo a sé il centro storico: «La rosa dei clienti che vogliono compare si è ristretta anche qui – non nasconde Fioravanti – ma non c'è una sovra-offerta di immobili in vendita, anche perché molti proprietari piuttosto che abbassare la richieste preferiscono non vendere e aspettare». In aumento la domanda sul versante affitti, anche se i canoni sono tendenzialmente in discesa (-4% è la media segnalata da Nomisma). «I tagli più ricercati sono il bilocale e il trilocale – riferisce Rosanna De Bonis, agente Solo Affitti – e dopo l'introduzione della cedolare secca è cresciuto l'ultilizzo della formula contrattuale tre anni più due».

- Cristina Giua, Il Sole 24 ore - Casa24, 4 luglio 2013

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domenica 16 giugno 2013

L’Imu affossa davvero il mercato immobiliare?

Il mercato immobiliare è fermo. Colpa anche dell’Imu? L’imposta ha un impatto rilevante sugli affitti mentre l’andamento della proprietà è determinato da altre cause strutturali. E per ridare vigore al mercato dell’edilizia residenziale è su quei fattori che occorre intervenire.


Il mercato dell’affitto

Nel 2012, con l’Imu, è stata reintrodotta l’imposta patrimoniale sulla prima casa di abitazione ed è stato aggravato il suo peso sulle altre tipologie di immobili, residenziali e non. Sul mercato dell’edilizia residenziale, la nuova imposta può avere un impatto rilevante nel segmento dell’affitto, mentre su quello della proprietà l’andamento continua a essere determinato prevalentemente dalle cause strutturali all’origine della crisi.
Per effetto del forte incremento della base imponibile e delle aliquote, l’Imu richiede, ai proprietari degli alloggi affittati, il pagamento di un’imposta doppia e anche tripla rispetto all’Ici, con la conseguente riduzione del rendimento corrente degli investimenti.
Per un alloggio tipo, il passaggio dall’Ici all’Imu determina una perdita crescente con il reddito del proprietario. I proprietari che, prima dell’introduzione dell’Imu, applicavano l’Irpef, soprattutto se appartenenti agli scaglioni di reddito più altri, possono recuperare la redditività dell’investimento passando alla cedolare secca; quelli che l’avevano già scelta subiscono una perdita netta.
Se le condizioni di mercato non permettono di riportare il rendimento del capitale investito ai livelli Ici neanche attraverso un aumento dei canoni, l’Imu potrebbe determinare una riduzione degli investimenti in abitazioni da destinare all’affitto.
Le agenzie immobiliari rilevano che un certo numero di proprietari è disposto ad accettare le richieste degli inquilini di riduzioni degli affitti, anche fino a 100 euro al mese. Preferiscono rinegoziare al ribasso i canoni, per non correre il rischio di dover pagare oltre all’Imu anche le spese di condominio, se gli alloggi fossero rilasciati dai loro attuali inquilini e restassero sfitti.
Sul mercato degli affitti l’introduzione dell’Imu produce effetti paradossali, per certi versi. Da un lato, la riduzione del rendimento degli investimenti non favorisce un incremento dello stock di abitazioni destinate alla locazione. Dall’altro, l’accresciuto peso della nuova imposta patrimoniale sugli immobili non locati può produrre, nel breve periodo, proprio gli effetti attesi: aumenta l’offerta di case in affitto, perché diviene “conveniente”, per i loro proprietari, immettere sul mercato anche gli alloggi che in precedenza non erano disposti ad affittare; si riducono i canoni non solo delle abitazioni i cui contratti giungono a scadenza, ma anche di quelle già affittate.


Il mercato della proprietà

Nel 2012 il numero delle compravendite di abitazioni si è ridotto del 25 per cento rispetto all’anno precedente, attestandosi a poco meno di 450mila unità: è un valore al di sotto di quello che era stato l’andamento medio del mercato tra il 1985 e il 1996.
Dalle analisi sulle operazioni intermediate da una catena di agenzie immobiliari che operano in franchising risulta che, negli ultimi anni, circa i tre quarti del numero totale delle compravendite ha riguardato la prima casa di abitazione, un 20 per cento è stato costituito da acquisti per investimenti e la quota restante da seconde case. Sul mercato delle prime case, la reintroduzione dell’Imu non sembra possa avere conseguenze differenti da quelle dell’Ici, quando era applicata anche su di esse.
Per abitazioni di valore catastale medio, la differenza tra l’imposta che il proprietario pagava con l’Ici e quella pagata con l’Imu non è tale da potere essere considerata un fattore determinante sulla decisione di acquistare la casa in cui vivere; per esempio, per una prima casa con una rendita catastale di 1.500 euro, l’aggravio è di 108 euro, una cifra che sostanzialmente si annulla per le famiglie con due figli che rientrano nei limiti di età per la franchigia aggiuntiva.
Con un appesantimento dell’imposta di quest’ordine di grandezza, sarebbe una forzatura sostenere che la reintroduzione dell’Imu abbia costituito un elemento di freno della domanda di abitazioni per la proprietà. La serie storica delle compravendite prodotta dall’Agenzia del Territorio evidenzia una riduzione del loro numero nel 2012 – anno della reintroduzione dell’Imu sulla prima casa -, ma una riduzione si registrò anche nel 2006 e nel 2007, anni in cui sulla prima casa si applicava l’Ici, e soprattutto nel 2008, anno a partire dal quale quest’ultima imposta non si pagò più.
È possibile, anzi molto probabile, che (almeno finché il Governo Letta resterà in carica) la prima casa sarà di nuovo esentata dall’imposta patrimoniale. Anche questa è però una decisione che avrà scarso impatto sul mercato dell’edilizia abitativa. A sostegno della previsione si può portare una controprova: la crescita del numero delle compravendite, nel lungo periodo iniziato a metà degli anni Novanta e culminato nel picco del 2006, non fu ostacolata dall’imposizione dell’Ici sulla prima casa, mentre fu sicuramente alimentata da condizioni favorevoli sia dal lato della domanda sia da quello dell’offerta. Per ridare vigore al mercato, è allora sui fattori strutturali della crisi che occorre provare a intervenire.

- Raffaele Lungarella*, Lavoce.info, 16 giugno 2013


*Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di Economia applicata nell’università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di Economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della Regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi Politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l’innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.

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sabato 4 maggio 2013

Affitti.Giù i prezzi fino al 15%


Rinegoziazioni e sconti per evitare lo sfratto per morosità. Confabitare: sempre più italiani scelgono il minor fitto

La crisi economica colpisce anche il settore degli affitti con sempre più proprietari che scelgono di ridurre il costo delle locazioni per evitare di restare con appartamenti sfitti. Secondo un'analisi di Confabitare  le famiglie fanno sempre più fatica a pagare gli affitti e così si va affermando sempre più la scelta dei proprietari di diminuire il canone anche del 10-15% tramite lo strumento del minor fitto.

Secondo l'Associazione dei proprietari immobiliari, nel primo quadrimestre del 2013 lo strumento minor fitto si è diffuso in tutt'Italia con ampie percentuali. In testa alla classifica la città di Bologna con un aumento del fenomeno del 34,5 %, poi Padova con (+33%), seguita da Catania (+28,5%), Palermo (+28%), Bari (+27,5%).

Una tendenza che non conosce differenze geografiche, che coinvolge città che vanno da Venezia (+26,3%) fino a Cagliari (+24,7%). E non fanno eccezioni neanche le principali città: Roma e Milano lo dimostrano, con dati che fanno registrare rispettivamente un aumento del 22,6% e del 21,5%, Firenze che supera anche i valori della Capitale con un +22,9%.

Per Confabitare il ribasso del canone percepito si attesta intorno a un 10-15%. Del resto, come spiega il presidente nazionale di Confabitare Alberto Zanni, "In questo momento di crisi i proprietari si dimostrano particolarmente sensibili alle difficoltà dei loro inquilini, trovando tutte le soluzioni possibili anche per evitare la dolorosa conclusione dello sfratto per morosità".

- Il Ghirlandaio, 3 maggio 2013

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