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domenica 1 febbraio 2009

La casa non si vende. Con la crisi torna la moda dell'affitto

IMMOBILIARE. UNA SVOLTA (FORSE TEMPORANEA) NEL MERCATO

Ma è un problema trovare inquilini solvibili

Meglio affittare. Per vendere si possono attendere tempi migliori, è questo il ritornello che si sentono ripetere di questi tempi gli operatori immobiliari. Chi vuole vendere casa, piuttosto di abbassare le richieste, la affitta. Gonfiando così sempre più il valore delle locazioni. Il fenomeno è particolarmente evidente in Francia, come emerge dall’articolo pubblicato martedì su Le Monde, dove i colossi delle contrattazioni, in primis Foncia e Century 21, registrano una crescita anche dell’11% nella domanda di locazioni. Inoltre in un momento di tali incertezza finanziaria è difficile investire il proprio danaro, mentre dare in locazione un appartamento produce comunque un reddito certo. E tiene il gruzzolo lontano dalla rovinosa caduta dei mercati azionari.

In Italia? Si registrano casi simili. Gabetti segnala il caso di un proprietario che voleva vendere un bilocale ristrutturato di 65 metri quadrati a Milano, in via Savona, per 240 mila euro. Ma dopo 6 mesi che era in vendita senza successo ha deciso di affittarlo a 750 euro al mese.

Prezzi dopati in Italia come in Francia? «No», dice Alessandro Ghisolfi, dell’ufficio studi Ubh. «Il mercato degli affitti nelle grandi città italiane non ha registrato particolari impennate. Anzi, negli ultimi tre anni i canoni di locazione delle principali aree metropolitane sono di fatto rimasti stabili, se non con piccole correzioni nell’ordine del 2-3%, in linea con l’andamento del costo della vita».

A differenza del mercato francese i proprietari italiani «si mostrano ancora piuttosto restii a destinare provvisoriamente alla locazione gli immobili da alienare, pur essendo diffusa la consapevolezza di un ribasso delle quotazioni di entità tutt'altro che trascurabile - spiega Luca Dondi, analista di Nomisma -. Il quadro che emerge è, dunque, di un mercato della locazione piccolo e difficilmente accessibile, con valori in aumento, però totalmente inadeguato a soddisfare le esigenze della fascia di popolazione a reddito medio-basso che storicamente privilegia il comparto».

La tendenza è la stessa ma l’intensità del fenomeno è modesta «tuttavia è un cambiamento importante, perché è la prima volta da un decennio a questa parte che il mercato della locazione ha fatto registrare un risultato leggermente migliore rispetto al segmento della compravendita. Dal punto di vista numerico la differenza è minima, ma si tratta dell'interruzione di una tendenza consolidata, che aveva portato alla progressiva riduzione della redditività potenziale lorda da locazione».

E’ tornata l’ora di comprare casa per darla in locazione? «Per chi dispone di liquidità è interessante acquistare», dice Uberto Cravotto titolare della Haston&Aston Associati. «Inoltre la leggera flessione dei prezzi, il continuo aumento del valore della locazione con la discesa dei tassi al minimo storico fanno avvicinare sensibilmente la curva della cifra mensile di locazione a quella della rata di mutuo favorendo l'idea dell'acquisto. Riallacciandoci all'articolo apparso sul quotidiano Le Monde, stiamo assistendo ad un generale ritorno all'idea della locazione. Il venditore in questa fase posiziona il proprio immobile sul mercato spinto esclusivamente da reali necessità di monetizzazione o nel caso di necessità di migliorare le proprie esigenze abitative. Il mercato non è drogato, ma cresce l'interesse per la locazione a breve periodo essenzialmente nelle zone più interessanti e prestigiose delle città, nel caso di Torino, per esempio, il centro e la precollina relativamente ad appartamenti con metrature dai 180 ai 250 mq con cifre nella forbice 1.700-2400 euro mensili. Si tratta di proprietari che non erano soddisfatti dalle proposte di acquisto. Per concludere: cresce la domanda ma i canoni di locazione oggi sono sostanzialmente stabili».

Piccola, infatti, la fetta di proprietari che ha investito per mettere a reddito la casa, non più del 5% del mercato: «Troppe tasse e costi di manutenzione - dice Alessandro Ghisolfi di Ubh -, oltre alla difficoltà di trovare inquilini di fiducia, tengono lontani gli investitori dal mercato».

In Italia resta però soprattutto il problema dell’«emergenza abitativa» delle categorie sociali che appartengono alla cosiddetta fascia debole - spiega Antonio Intiglietta, presidente Compagnia dell’Abitare: «I nuclei familiari o le giovani coppie a basso reddito, gli anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate, gli studenti, gli immigrati regolari e i numerosi fuori sede impiegati in pubblici servizi non sono in grado di far fronte alla spesa dilla casa. Il “social housing” è il mercato vero che si apre gli operatori internazionali. E’ però necessario un surplus di sussidiarietà che metta in condizione gli operatori, le cooperative e le realtà sociali e anche il mondo finanziario di lavorare con strumenti adeguati e trasparenti in tempi brevi e realistici. Su questo ultimo aspetto la lentezza del sistema Italia potrebbe nuovamente far sprecare un’occasione».

AGNESE VIGNA, La Stampa, 26 gennaio 2009